Il Prof. Ferruccio Trifirò è autore con Fabio Trifirò del libro “La chimica in soccorso dell’umanità” edito da Bononia University Press, ci spiega in che modo la chimica accorre in soccorso dei problemi dell’umanità
I problemi più gravi dell’umanità del prossimo futuro sono la mancata disponibilità di sufficienti risorse alimentari, l’inquinamento delle acque, dell’aria e dei suoli, le malattie endemiche, la diminuzione dei combustibili fossili e l’innalzamento della temperatura del pianeta.
La chimica è legata alla qualità della vita e alla soluzione di questi problemi con la produzione di intermedi per farmaci, fibre, plastiche, metalli, gomme, materiali ceramici, inchiostri, pitture, vernici, adesivi, detergenti, cosmetici, prodotti per la casa, materiali da costruzione e per l’elettronica, combustibili, fertilizzanti, fitofarmaci e gas tecnici.
La chimica è coinvolta, inoltre, nell’abbattimento e nella diminuzione delle emissioni di CO2 (gas ad effetto serra), nella produzione di energia da fonti alternative a quelle fossili, come il fotovoltaico e le biomasse, l’utilizzo dell’idrogeno nelle celle a combustibili come carburante, la sua produzione nelle macchine e nei distributori di benzina e nel suo immagazzinamento.
E ancora, la chimica è fondamentale per sfamare l’umanità attraverso la sintesi di ammoniaca, considerata la reazione più importante dell’umanità, necessaria per la produzione di fertilizzanti azotati, e per questo occorre produrla in grandi quantità e a basso prezzo, con innovazioni continue anche a cento anni dalla sua scoperta.
In definitiva dunque la chimica è essenziale per le strategie del futuro, per realizzare tutti gli obiettivi da raggiungere nel prossimo millennio: sradicare la povertà estrema e la fame, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere AIDS, malaria ed altre malattie, garantire nelle tecnologie di pulizia dell’acqua la sostenibilità ambientale, conservare le opere d’arte per le generazioni future grazie al restauro, contrastare lo spreco delle risorse terrestri e sviluppare una cooperazione mondiale per il benessere di tutti i popoli.
Per quale motivo nella percezione comune l’aggettivo “chimico”, associato ad un prodotto di consumo, è spesso accompagnato da riprovazione e timori.
Si può senz’altro affermare che fino agli anni Settanta gli effetti tossici sull’uomo e sull’ambiente delle sostanze chimiche utilizzate erano ancora poco noti e si era convinti che l’ambiente (l’aria, l’acqua e il suolo) potesse autonomamente assorbire e distruggere tutti gli inquinanti. Successivamente si è presa coscienza che l’ambiente è delicato come il genere umano, ma si è dovuto aspettare fino agli anni Novanta perché i nuovi regolamenti e le nuove tecnologie per la tutela dell’ambiente e del genere umano fossero applicati correttamente, in quanto per una ventina d’anni si sono avuti ritardi nell’applicazione ottimale delle nuove tecnologie. Dopo gli anni Novanta, si può senz’altro affermare che l’inquinamento dell’ambiente e del genere umano, almeno in Europa, sia da attribuirsi essenzialmente ad atti criminali o ad incidenti imprevisti. Oramai l’ambiente – come sottolineato dagli ultimi tre papi – è considerato parte integrante del genere umano. Attualmente l’inquinamento ambientale più significativo è quello dovuto ai siti inquinati dal passato dalle diverse attività industriali e dal deposito di rifiuti tossici non a regola o abusivi, alle torce che pulsano continuamente negli stabilimenti chimici, ad incidenti o disastri in petroliere o in perforazioni petrolifere, in impianti chimici o nel trasporto di prodotti chimici e alla presenza di sostanze tossiche ancora in commercio. Le aree della chimica che provocano maggiormente l’atteggiamento negativo della società verso la chimica sono: l’utilizzo criminale delle sostanze chimiche nella produzione e nell’uso di armi chimiche che possono essere sintetizzate con le stesse sostanze chimiche utilizzate per produrre prodotti chimici utili; un uso dispersivo dei prodotti chimici come diserbanti, insetticidi, pesticidi, detergenti e carburanti se attuato senza un controllo del loro effetto sull’ambiente e sulle persone, in particolare a seguito di un eccesso del loro impiego ed ignoranza della loro tossicità ; il destino dei prodotti chimici a fine vita (rifiuti urbani, industriali e ospedalieri) non distrutti e non collocati in maniera adeguata, l’uso di processi non ottimizzati e l’uso di prodotti non controllati.
Quale futuro per le materie prime fossili
I combustibili fossili attualmente utilizzati sono il petrolio, il carbone ed il gas naturale, ritenuto il combustibile fossile del futuro, in considerazione delle sue enormi riserve. Altre materie prime fossili che potrebbero essere prese in considerazione nel futuro sono il petrolio non convenzionale (scisti e sabbie bituminose e petrolio pesante), lo shale gas (rocce imbevute di metano), gli idrati di metano (presenti nei fondali marini) e il metano presente nelle miniere di carbone. Le riserve di queste materie prime sono molto superiori a quelle delle materie prime fossili utilizzate attualmente (anche se sono molto elevati i costi energetici di estrazione). In futuro si potrà anche prendere in considerazione sia la CO2 recuperata dagli impianti di combustione, sia l’idrogeno proveniente dalla dissociazione dell’acqua per la produzione di materie prime per la sintesi di carburanti. Tra i problemi più dibattuti nella società sui combustibili fossili si possono evidenziare i seguenti: l’effetto serra, dovuto alle emissioni di CO2; le emissioni tossiche legate alla combustione – soprattutto del carbone – nella produzione di energia; l’aumento del costo del petrolio e il suo previsto esaurimento in tempi brevi; gli aspetti ambientali legati all’estrazione dello shale gas e del petrolio da depositi marini.
Quale sarà il ruolo delle biomasse nel futuro della chimica e dell’energia?
Non esiste praticamente nessun settore della chimica dove non si preveda nel prossimo futuro un aumento dell’utilizzo di materie prime rinnovabili, ossia provenienti da biomasse in alternativa a quelle fossili. Quando si parla di materie prime da biomasse, s’intendono in prevalenza coltivazioni agricole o marine dedicate alla chimica e all’energia o già utilizzate per l’alimentazione umana o animale o scarti di industrie alimentari, del legno, di lavorazioni agricole e di attività forestali. I vantaggi dell’utilizzo di biomasse per la chimica e l’energia sono il loro costo, che potrebbe diventare competitivo in futuro rispetto a quelle fossili, la disponibilità locale, la diminuzione dell’emissione dei gas serra, la sostenibilità, ossia un minore spreco di risorse per le generazioni future, effetti significativi in ambito sociale (come ricavi addizionali per gli agricoltori) e geopolitico, perché provengono da aree geografiche diverse da quelle dei combustibili fossili. Inoltre vi sono vantaggi specifici legati al tipo di prodotto che può avere prestazioni migliori e alle minori emissioni tossiche durante la produzione e l’uso. Quindi i prodotti chimici ed i carburanti da biomasse possono avere un minore impatto ambientale, una minore tossicità, una maggiore biodegradabilità, una ridotta emissione di sostanze tossiche rispetto a quelli da fossili. Ma esistono anche aspetti negativi, come la perdita della biodiversità, se vengono coltivati territori attualmente incolti, l’incremento dello sfruttamento del territorio e del consumo d’acqua, con il conseguente maggiore carico inquinante, il problema della fame nel mondo, che spinge a produrre più alimenti, nonché l’attuale elevato costo delle biomasse e dei processi di trasformazione, che esige un maggiore sforzo di ricerca. Attualmente le biomasse utilizzate sono essenzialmente quelle provenienti dallo sfruttamento parziale di coltivazioni già utilizzate per l’alimentazione umana ed animale (biodiesel da oli vegetali e grassi animali ed etanolo da sostanze zuccherine). Quando invece si parla di biomasse si dovrebbe pensare solo all’utilizzo di sostanze lignocellulosiche o scarti di diverse attività agro-forestali e industriali. Per esempio è stata recentemente sviluppata una filiera ad etanolo utilizzando sostanze lignocellulosiche da parte dell’azienda italiana Chemtex (ora il processo è passato all’Eni) invece che da sostanze zuccherine. Infine, in tempi più lunghi, si potrà pensare all’utilizzo di nuove coltivazioni dedicate ad usi industriali su terreni non adatti alla coltivazione di alimenti, ottenute per selezione o modifiche genetiche o coltivazioni marine come quella delle alghe.
Quale rapporto esiste fra chimica e cambiamenti climatici
Una conseguenza di molte attività umane è avere contribuito ad innalzare la temperatura del pianeta, essenzialmente a causa delle emissioni di gas serra (CO2, CH4, N2O) generate dal trasporto urbano, dalla produzione di energia, dal riscaldamento e raffreddamento domestico e da diverse attività industriali e agricole. Disgraziatamente non esiste ancora un accordo a livello globale in merito all’abbattimento dei gas serra e soprattutto sono contrari a firmare una convezione, come quella di Kyoto, i paesi più inquinanti, come gli Stati Uniti e la Cina. La mancanza di un largo accordo internazionale è dovuta alla recente crisi economica, che scoraggia investimenti sull’uso di fonti alternative per la produzione di energia e di carburanti, nonché alla presenza di scienziati che mettono in dubbio che la CO2 sia l’unica causa dei cambiamenti climatici. Comunque il principio di precauzione spinge a non aumentare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera e a non sperperare i combustibili fossili: ciò dovrebbe spingere alla riduzione di CO2 nell’atmosfera, alla ricerca di vie alternative per la produzione di energia e alla messa a punto di tecnologie per la sequestrazione ed il riutilizzo di CO2. La chimica è coinvolta in diverse strategie per diminuire il riscaldamento del pianeta ed alcuni progetti significativi per contrastare i cambiamenti climatici sono una maggiore efficienza nella produzione e nel risparmio di energia in ogni settore, per esempio la messa a punto di nuovi materiali isolanti per gli edifici o leggeri per i trasporti, la realizzazione di una combustione pulita del carbone mediante sua previa gassificazione ad un gas combustibile in modo che sia più facile purificare e sequestrare la CO2 formata, la produzione di biocombustibili, l’utilizzo di fonti rinnovabili, l’utilizzo di idrogeno come combustibile, il riciclo dei prodotti a fine vita per chiudere il ciclo e riottenere eventualmente le rispettive materie prime di partenza.
È possibile ridurre il rischio dell’uso e dell’utilizzo dei prodotti chimici
La conoscenza o l’individuazione del pericolo chimico è solo un campanello di allarme, quello che deve preoccupare è il rischio, ossia che il pericolo si concretizzi in un evento dannoso: il rischio è per definizione il prodotto della probabilità che tale evento dannoso accada e della grandezza delle sue conseguenze negative (magnitudo). Il rischio si può – e si deve – ridurre con misure di prevenzione, che agiscono riducendo la probabilità dell’evento negativo, e con misure di protezione, che agiscono riducendo la magnitudo. La magnitudo è direttamente collegata alle quantità in gioco, quindi diminuendo le quantità di sostanze trattate diminuisce il rischio per tutti i tipi di pericolo. La pericolosità è in gran parte intrinseca alla chimica e alle proprietà dei prodotti chimici, come la tossicità, l’ecotossicità, l’infiammabilità, l’esplosività, il potere comburente, la corrosività ed esiste anche un pericolo per instabilità, reattività ed esotermicità di una reazione che dipende da altri fattori. Il rischio reale dipende dalla quantità di prodotti utilizzati e da come questi sono maneggiati, immagazzinati, mescolati, trasportati, trasformati e dalla presenza di impurezze. Il rischio, quindi, connesso ad un prodotto chimico che possegga una o più di queste proprietà intrinseche di pericolo dipende dalla sua tipologia d’uso e dal suo ciclo di vita e destino finale e dalla quantità delle sostanze pericolose utilizzate. Per diminuire il rischio dell’utilizzo dei prodotti chimici, almeno in Europa, c’è la direttiva REAch. Il REACh è la regolamentazione europea per la sicurezza dei prodotti chimici diventata operativa a partire dal 1° giugno 2007 per garantire ai cittadini europei la sicurezza dei prodotti chimici presenti sul mercato. Con il REACh saranno prese in considerazione per la registrazione ed il controllo per adesso solo quelle produzioni o importazioni superiori ad 1 t/a che assommano a circa 30.000 prodotti. I prodotti chimici che superano la quantità di 1 t/a sono soggetti a normative sempre più restrittive all’aumentare della quantità prodotta o importata. Senz’altro sostanze tossiche per l’ambiente, bioaccumulanti, cancerogene, mutagene e influenzanti il sistema riproduttivo dell’uomo difficilmente avranno l’autorizzazione da parte del nuovo ente di controllo europeo, insediatosi ad Helsinki. La registrazione delle sostanze chimiche prevede, secondo la nuova direttiva REACh, una valutazione della loro pericolosità, una valutazione dei dati di esposizione della sostanza negli scenari di uso e quindi di emissione e così, valutando pericolosità + esposizione, si arriva alla definizione del rischio relativo all’impiego di quella sostanza. Gli utilizzatori a valle della sintesi delle singole sostanze ed i consumatori devono conoscere e rispettare le condizioni d’uso descritte nella scheda di sicurezza, mentre le industrie produttrici dovrebbero verificare che siano rispettate queste condizioni. Lo scenario d’uso vuol dire riportare le condizioni d’uso, descrivere il processo e le condizioni operative, le misure di management del rischio di controllo del pericolo e delle emissioni in tutto il ciclo di vita di un prodotto nella produzione dei singoli ingredienti, nella formulazione dei prodotti ove si realizza l’assemblaggio dei singoli componenti, nell’utilizzo finale del prodotto da parte degli utilizzatori-clienti industriali e dei consumatori (famiglie). Il regolamento REACh porterà non solo al miglioramento della salute del genere umano e dell’ambiente, ma anche alla competitività delle industrie chimiche.
In che modo la chimica ha contribuito e contribuisce al nostro benessere quotidiano
Le principali problematiche della società per la risoluzione delle quali occorrono sfide globali sono: salute, invecchiamento della popolazione e benessere; sicurezza alimentare, agricoltura e bioeconomia sostenibile; energia sicura, pulita ed efficiente; trasporto intelligente, integrato e pulito; azioni per il clima, efficienza sotto il profilo delle risorse e delle materie prime; società innovative e sicure. Alcuni recenti aspetti innovativi della chimica per risolvere queste sfide sono: la nanotecnologia, la sintesi di enantiomeri puri, l’utilizzo di impianti giganti per la produzione di fertilizzanti e carburanti, di nuovi tipi di reattori multifunzionali ed un maggiore utilizzo della catalisi eterogenea e della biocatalisi. La capacità di organizzare e controllare la materia alla scala dei 100 nm e sotto, meglio nota come nanotecnologia, trova impiego in quattro grandi aree: tecnologia dell’informazione, materiali, scienze della vita e strumentazione. Alcune di queste aree interagiscono fra loro e così si arriva a diversi sottosettori, come quelli dei biomateriali, dei farmaci intelligenti e dei materiali intelligenti. Le principali ricadute della nanotecnologia sono nel settore chimico, in quello farmaceutico e diagnostico, nell’aerospaziale, nel settore dell’informazione e della produzione di energia. La scoperta che i singoli enantiomeri (conformazione geometrica diversa delle stesse molecole) di un prodotto chirale presentano attività biologica diversa ha spinto da alcuni anni l’industria chimica a trovare soluzioni efficaci per aumentarne l’eccesso enantiomerico. La lettura della storia dello sviluppo industriale delle sintesi di molecole chirali ad elevato e rammenta che, anche per una chimica fine così complessa, i fattori di successo sono sempre la capacità di realizzare le sintesi e portarle velocemente dal laboratorio all’impianto industriale. In questi ultimi anni, sia nella petrolchimica, sia nella chimica fine e specialistica e farmaceutica, sono stati sviluppati numerosi nuovi reattori che hanno portato ad amalgamare ancora di più il progetto del reattore con la chimica coinvolta al suo interno, così da arrivare addirittura, come nel caso delle polimerizzazioni, a identificare il tipo di prodotto dal reattore utilizzato: non solo la purezza, ma il peso molecolare, la sua distribuzione e la morfologia del polimero ottenuto, e più in generale tutte le sue prestazioni, dipendono dal reattore con il quale è stato ottenuto. Nel caso specifico dei fertilizzanti la necessità di realizzare impianti giganti nasce dall’aumento della popolazione e dalla necessità di produrli a bassi costi per riuscire a sfamarli tutti, sfruttando l’economia di scala. La catalisi è coinvolta in molti aspetti della produzione di energia, come per esempio la produzione di idrogeno con purezza accettabile ed a basso costo per essere utilizzato nelle celle a combustibile; non ultimo un settore dove s’intravede uno sviluppo della catalisi è la purificazione degli ambienti all’interno degli edifici. I processi di sintesi di intermedi per la chimica fine e per la farmaceutica sono quelli che utilizzano attualmente un maggior numero di reazioni stechiometriche, reagenti tossici e sacrificali e producono elevate quantità di scarti liquidi e solidi. Diventeranno così sempre più importanti in questi settori i processi catalitici e biomimetici e i processi continui, per diminuire i volumi di sostanze tossiche utilizzate o quelli dove queste sono sintetizzate e trasformate in situ.
Quale futuro per la chimica
La chimica è coinvolta nelle strategie necessarie per il futuro dell’umanità, ossia nello sviluppo sostenibile. La sostenibilità, definita come lo sviluppo che va incontro alle necessità delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità di quelle future di soddisfare le proprie esigenze, si basa su tre pilastri: quello sociale, quello ambientale e quello economico. La chimica è coinvolta nel trovare una soluzione a tutti questi tre aspetti. Nel campo della sostenibilità sociale la chimica può migliorare la vita delle persone direttamente, curando la protezione dell’ambiente, ma anche indirettamente, procurando benessere, sicurezza e salute. Nel campo della sostenibilità ambientale la chimica può fare risparmiare risorse naturali, ridurre l’inquinamento, migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni, dei trasporti e delle industrie e aiutare a trovare nuove fonti di energia. Per la sostenibilità economica la chimica produce ricchezza perché consente di realizzare prodotti di sempre più elevata qualità rispetto ai precedenti a un minor costo, migliorando la competitività di qualsiasi settore, quindi il benessere economico di tutti. Più specificamente, per un’industria chimica sostenibilità significa utilizzo responsabile dei combustibili e delle materie prime, tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e delle comunità vicine (quindi integrazione nel territorio e comunicazione con la cittadinanza), riduzione delle emissioni, gestione ottimale degli impianti, realizzazione di prodotti sicuri nell’uso, sempre più riciclabili o smaltibili, attuazione di interventi di conservazione della biodiversità. In particolare l’industria chimica ha l’obiettivo di recuperare e riutilizzare le risorse, di ridurre al minimo l’impatto della produzione, dello stoccaggio, del trasporto, della distribuzione, dell’uso e dello smaltimento dei prodotti che possono provocare danni all’uomo e all’ambiente. Una delle strategie per lo sviluppo sostenibile della chimica è la scelta di materie prime naturali che permettano di ridurre il consumo di materie prime petrolchimiche e diminuire le emissioni di CO2. Nel settore dell’energia significative sono le ricerche per il miglioramento della tecnologia delle celle a combustibile per processi con elevata potenzialità come sorgenti di energia più pulita e per lo sviluppo di veicoli a emissione zero: la sfida è la messa a punto di materiali che siano meno costosi e più efficienti di quelli attualmente disponibili.